La mia pratica artistica applicata alla pittura si basa su forme di assemblaggio e sovrapposizione. Per comporre uso materiali in forma di frammento e con una storia alle spalle; reperti fotografici/biografici, tessuto, carta, pagine di un vecchio panlessico.
Su supporti in legno, il più delle volte recuperati, pratico stratificazioni di materie ottenute lavorando con la spatola gesso, caolino, colla e terre. Sul supporto lavorato intervengo in seguito con i frammenti affidandomi alla composizione istantanea.
I tessuti li assemblo cucendoli tra loro dopo aver individuato i punti giusti di connessione. Le materie hanno diverse tramature e consistenze. Reagiscono diversamente.
Tra me, le materie e i frammenti cerco un incontro, attuando soluzioni che verifico nel momento stesso in cui le vedo in azione. L’incontro è con la materia, con la reazione a volte imprevedibile della materia che tratto.
Recentemente lavoro sulle forze contrapposte, sull’azione e reazione del materiale, sulle spinte e i cedimenti.
Faccio quello che sento. Non devo rendere conto a nessuno. Le opere non escono dallo studio e si confrontano esclusivamente con l’autore. Questa attività può essere una palestra di pensiero. E’ sicuramente un piacere dell’atto fisico e del contatto con la materia. Una scoperta. Un gioco con l’imprevisto.
L’autore è anche spettatore.
Se la pittura informale con declinazione materica, si realizza attraverso l’impasto di materiali particolari e/o l’accostamento di materiali eterogenei e abolisce, contenendole tutte, le tradizionali categorie di pittura-scultura-assemblaggio-collage, mi riconosco in questa pratica artistica.
Inoltre riconosco una prossimità tra la pratica pittorica e il teatro che amo fare (comporre, assemblare frammenti di testi e azioni)
Parole che ho annotato un giorno mentre stavo lavorando a una nuova opera: trasformazione del materiale, mistero della composizione, esercizio della pazienza, potenza del caso.