atlante della memoria

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Ho scelto ed estratto dal repertorio della mia memoria teatrale una serie di immagini. Le ho messe in relazione e dialogo con immagini complementari o affini scelte da un repertorio più vasto. Con queste immagini ho costruito un atlante di cui mi sono servita per raccontare agli studenti alcuni snodi essenziali del mio teatro. Alle immagini iniziali via via se ne sono aggiunte altre realizzate nel laboratorio. Si è venuta così costruendo sotto i nostri occhi una catena iconografica dove un’immagine ne ha richiamato un’altra e per assonanze e analogie si è sviluppato un tema visivo che guida e apre verso ulteriori ipotesi compositive.

 

schlemmer 1922

armoniche 1980

punto&linea1985

lineelastiche 2004

verso klee tam la maschera cenciosa 2014

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5tris

3

6

maschera autoritratto

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maschera con bandierina paul klee 1925

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maschera clown indossata

maschera ingigantita autoritratto klee

collezione burattini paul klee

immagine di gruppo elementi diversi appartenenti a un genere unico creano unità balletto triadico 1922 figure e maschere nello spazio

10 saul-steinberg-and-inge-morath-09-1

10 repertoire

9 repertoire 19818 maschera repertoire

dasolo_1 007

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immagine di gruppo in unità maschere teatro Ages 1990

segni e suoni 2004

maschera i teatrini di ages 2014

Sam-Jinks-Still-Life-Pieta-2007

stato di grazia 1989 - 3

michelangelo pietà

frammenti ricomposti in unità

fabio mauri frammenti che ricomposti creano unità

spazio frammentato in cui una sequenza ha necessità di uno sviluppo temporale per leggersi2006

Teoria, un necessario punto di partenza

Teoria (dal greco θεωρέω theoréo “guardo, osservo”, composto da θέα, “spettacolo” e ὁράω, “vedo”) indica, nel linguaggio comune, un’idea nata in base ad una qualche ipotesi, congettura, speculazione o supposizione, rispetto alla realtà.
Il laboratorio si compone di una parte teorica condotta attraverso la visione di immagini. L’idea è che la serie di immagini emblematiche siano usate, come fonti storiche sui generis, per ricostruire un ideale percorso visivo.
Le immagini scelte e la loro possibile concatenazione, si situano nell’ambito di una teoria personale per cui attraverso una collezione di immagini si è in grado di verificare, confermare, costruire una certa visione del teatro. Ma anche più in generale una visione dell’arte.
La riproduzione fotografica è il modo più naturale e diffuso per occuparsi di immagini. La fotografia infatti ha la prerogativa di arrestare un flusso temporale , di fissare un momento, un istante di un evento e di trasmettercelo. L’immagine preleva dal reale un traccia, una parte del tutto che contiene un prima e un dopo. E’ dunque anch’essa in qualche modo un frammento. Il frammento, uno dei cardini del laboratorio, è inteso come una parte del tutto su cui concentrare l’attenzione per costruire un’ipotesi di intero. Frammento come elemento che affiancato, incrociato, relazionato, composto con altri frammenti è in grado di farci ricostruire degli interi ogni volta differenti.
Le immagini/frammento utilizzate nel laboratorio le ho scelte recuperandole dalla mia memoria in quanto appartenenti a spettacoli da me realizzati nel corso del tempo; altre le ho incontrate “casualmente” mentre preparavo il laboratorio; altre ancora le ho cercate affidandomi alla rete come immenso contenitore potenziale. Queste immagini pur avendo provenienze diverse hanno qualcosa in comune e proprio su questo tema concentro l’attenzione.

Ma facciamo un passo indietro. Rispetto al recupero di immagini e alle connessioni archetipiche spesso ad esso connesse doveroso ricordare le ricerche di Richard Semon e Aby Warburg.
Studiando queste due figure si incontra un termine fondamentale: engramma (dal gr. engràpho, “incido”): registrazione, traccia, impronta che un evento lascia nella memoria. L’engramma per Semon non sarebbe altro che il deposito di una determinata esperienza nella memoria del soggetto, deposito che conserva traccia diciamo così di una intensità emozionale, che viene poi richiamata in causa dal soggetto nel momento in cui si imbatte in qualcosa che permette di ri-evocare questo tipo di esperienza. L’engramma è quindi una sorta di sedimentazione, di traccia che ogni evento lascia nella materia vivente. Immaginiamo una tavoletta di cera che viene incisa continuamente. La memoria è continuamente sottoposta a scrittura; nuove scritture si sovrappongono a precedenti scritture che però non scompaiono mai completamente. Immagini su immagini. Alcune saranno più persistenti di altre. Alcune saranno comuni a tutti. Altre individuali. E’ possibile il riemergere di strati remoti riattivati grazie a stimoli percettivi.
Spostando questo concetto dall’individuo alla società Warburg (che è uno storico dell’arte di impronta interdisciplinare) definisce gli engrammi come immagini di forte impatto espressivo sopravvissute nel patrimonio ereditario della memoria culturale occidentale e riemergenti in essa in modo frammentario e discontinuo. Warburg cerca di costruire su questi principi un sistema, un atlante e non si sa se lo pensasse in forma di tavole/libro o tavole /labirinto). Anche la sua biblioteca è particolare infatti i libri non stanno insieme in ordine alfabetico o temporale ma “per buon vicinato” o per una certa “aria di famiglia”. Per Warburg la storia dell’arte è un continuum: il ritorno del non identico e usa la parola connessioni: per lui tutte le epoche della storia dell’arte sono connesse tra loro vedendo il ritorno costante di certe pathosformel (figure mitiche che attraversano le diverse epoche).
Dunque nel laboratorio tratteremo le immagini scelte in quanto pathosformel del gruppo.

Il comporre come metodo creativo e visione del mondo

COMPORRE dal lat. Componere/ composto di COM insieme e PONERE porre collocare; porre insieme e mescolare varie cose per farne una.
COMPORRE è la disporre/collocare gli elementi all’interno di un campo visivo.
COMPORRE è un’attitudine, una scelta poetica, una modalità per esprimere un pensiero, un metodo di lavoro creativo.
Esistono composizioni artificiali (create) e naturali (osservate)
Osservare ciò che ci circonda (scegliendo guidati dall’istinto cosa inquadrare) e studiare chi ci ha preceduto (individuando poco a poco le affinità per concentrarsi su autori o periodi per cui si prova attrazione) sono modi di comporre attraverso gli occhi.
Nella composizione è centrale un interesse per le immagini, per la forma degli oggetti e per le materie. L’attività che riveste interesse sta nell’ individuare connessioni tra questi elementi e ricercare un loro denominatore comune.
La composizione è un dispositivo sorprendente in questo senso: mette in relazione e consente di evidenziare somiglianze e differenze, variazioni e ripetizioni.

Azioni preliminari alla composizione:
Si tratta in primo luogo di osservare
poi scegliere
poi agire (aggiungendo o sottraendo)
infine riflettere sul risultato ottenuto.

Nel comporre emergono spesso in modo imprevisto e naturale delle connessioni tra le materie.
L’incontro tra le materie è punto nodale.
Il corpo è una delle materie.

Applicare il principio compositivo è, nel teatro da cui parlo, pensare per immagini; all’interno delle immagini spesso si preferisce utilizzare il frammento come elemento poetico; la ricomposizione di frammenti è successivamente l’atto della scrittura per la scena.

Composizione e montaggio sono fasi successive al reperimento di frammenti con i quali operare: è questa una tecnica poetica che intende superare (in quanto non più utilizzabile) il concetto di messa in scena di un testo lineare con principio svolgimento e fine.
Il frammento indica che non si usa l’intero ma ci si concentra su una sua parte. Quindi: ingrandimento di una parte, sezionamento chirurgico di una parte eliminando il resto, estrapolazione di una parte dal tutto perché è su quella parte che mi interessa lavorare e con quella parte comporre assemblandola o contrappuntandola con altre parti.

spazio frammentato in cui una sequenza ha necessità di uno sviluppo temporale per leggersi2006   un abbaglio - 1  pierangela allegro michele sambin -un abbaglio

 

Comporre per frammenti prevede il suo contrario s-comporre, infatti la ricerca scompone e frammenta il reale fino ad ottenere le unità minime grammaticali:
luce, cornice, testi, suoni, immagini: ogni elemento rivive nel momento della creazione come parte autonoma di un tutto organico, in un’ ottica performativa.
(dal latino dare forma, dall’inglese eseguire un’azione; le arti performative: forme artistiche basate sul compimento di alcune azioni) l’interstizio, l’intervallo, tra frammenti (il vuoto) lascia spazio alla creazione di nuovi immaginari.
Il vuoto ha la capacità di diventare azione lasciare lo spazio per pensare, per immaginare.
Un’opera frammentata sfida l’osservatore a completarla.
Predisporsi a comporre è anche mettere in atto una specie di lavoro archeologico, andare a scavare, a tirare fuori delle tracce preesistenti, riferirsi a qualcosa di già esistente.
Questa è una chiave importante riguardo alla composizione: nulla si crea dal nulla. Nulla si inventa ma tutto si può creare e ricreare. Anche ricontestualizzare, riadattare, riposizionare. L’attitudine compositiva fonda la propria essenza su questi assunti e riconosce che tutto esiste già, basta solo saperlo osservare o ascoltare e attraverso la ricomposizione dell’esistente dar forma a qualcosa di inedito.
Pensare per immagini è stata prerogativa del ‘900 e delle avanguardie storiche (ad opera degli innovatori nell’arte nella letteratura nelle scienze) e in quel secolo si compie definitivamente il processo in cui noi oggi siamo completamente immersi che vede una serie di riflessioni farsi realtà:

 Definitiva perdita di un centro.
 Tutto diviene relativo, diffuso, espanso.
 L'unità (di pensiero e di comunicazione) si frantuma ed esplode in tanti frammenti.
 Frammenti/Schegge che sta al singolo ricomporre.
 Non è l'unità che contiene il molteplice ma è il molteplice a rendere possibile l'unità.
 L'assenza di una prospettiva unica ne contiene infinite.

L’unità che comunque sempre andiamo cercando è possibile intercettarla nelle analogie presenti nei frammenti scelti, esse sono la manifestazione di quella segreta e profonda unità che non si dà come fatto esistente in sé, ma che si costruisce attraverso la composizione.
L’arte si trasforma da messaggio per tutti a esperienza del singolo in collegamento con altri.
Naturale pensare che l’approdo di questa rivoluzione del pensiero e del modo di guardare alle cose, sia quella che chiamiamo la rete.

Dalla collezione di immagini al montaggio

“montaggio” – è un modo di mettere e tenere insieme le cose, dunque una visione e un modo di intendere, un’opera fatta di opere altrui, dai cui accostamenti scaturiscono pensieri e visioni diverse. È un modo di vedere e orientarsi nel mondo.
Ma torniamo a riflettere sull’argomento alla base del laboratorio: come funziona il recupero di immagini?
Più esperienza ho, più vita ho, ma anche più curiosità ho e più tracce avrò da riattivare e riutilizzare per fare collegamenti tra un’immagine una parola una idea….
I collegamenti gli accostamenti le relazioni i dialoghi (o connessioni) sono termini che accompagnano il concetto di collezione di immagini.

A proposito delle connessioni tra due o più immagini o tra una parola e un’immagine, propongo la riflessione su alcuni temi:
La pietà = due corpi = madre – figlio = morte naturale (chi è più vecchio) morte tragica (chi è più giovane), tenere in braccio. Differenti esempi da Michelangelo a Kim Ki Duc a Tam a Jinks.

michelangelo pietàstato di grazia 1989 - 3images

Il muro di Fabio Mauri = oggetto valigie=viaggio = esodo

fabio mauri frammenti che ricomposti creano unità
verso Klee = corpi con grande maschera = ibrido = grottesco = realtà e finzione in unità 1+1=1

maschera clown indossata

I corpi con grandi maschere indossate introducono “la possibilità di una figura scenica in cui i contorni tra realtà e finzione si sfumano, crea un disorientamento provocato dal dubbio sull’autenticità del reale e sul primato della creazione artistica rispetto alla vita.” (C. Grazioli lo specchio grottesco)
Le due figure in scena appartengono al grottesco in quanto sommano al loro interno la realtà e la finzione, l’ibrido tra umano (il corpo) e l’artistico (la maschera) la contaminazione tra frammenti: parte del corpo + parte del burattino dove la loro unione crea una figura.
Queste figure ci consentono di agire un teatro antinaturalista, antipsicologico
in cui gli attori sono dei doppi dei burattini di Klee, come la marionetta è il doppio dell’umano.

Abbiamo visto che ogni immagine fonda la sua esistenza nel suo rapportarsi ad altre immagini, l’immagine non è mai autonoma, dato che essa non può venire mai compresa in totale isolamento da ciò che la circonda. E questo sia nel senso di composizione nello spazio con immagini diverse che di composizione nella nostra memoria, di capacità che può avere un’immagine di riattivare un ricordo una sensazione un qualcosa di non precisamente definibile ma palpabile.

L’immagine rinvia continuamente a ciò che è altro da sé, slitta il suo senso ad un’altra immagine che rimanda a sua volta ad altre innumerevoli immagini. In questo terreno multiforme e frammentato, in assenza di un punto centrale e statico, la riflessione è demandata continuamente al suo passo successivo; questo processo consente al pensiero di vivere, di non esaurirsi in una risposta conclusiva, e di tenersi aperto all’indeterminato.
L’assenza di una prospettiva unica ne contiene infinite.
E a proposito del porre domande e non dare risposte, significa che una risposta certa nelle questioni artistiche non è data e le domande sono le tante interpretazioni possibili attorno a un centro sempre irragiungibile.
Indagare le tante interpretazioni possibili che ci giungono da diverse fonti significa inevitabilmente allontanarsi dal centro, da risposte e soluzioni uniche.
L’immagine è quella del sasso buttato nello stagno di cui si può solo osservare il formarsi dei cerchi concentrici senza più cogliere il centro cioè il sasso ormai inaccessibile sul fondo.

Segue a questo punto la riflessione su alcuni esempi tratti dai miei lavori teatrali mostrati agli allievi sia in video che per attraverso immagini fotografiche:
Un abbaglio= testo di partenza-traduzione per la scena-atteggiamento performativo-lavoro sincronico con tutti gli elementi in scena
Segni nel tempo= comporre la scena-esito di un lungo laboratorio con giovani attori/musicisti
Da solo a molti _squarcione= lo strumento musicale (violoncello) come maschera indossata sul corpo.

dasolo_1 007

Piccola nota su Squarcione: L'organizzazione del lavoro nello studio dello Squarcione (Padova) era rigorosa e grande importanza era data allo studio dei modelli. Probabilmente il suo metodo d'insegnamento consisteva nel far copiare frammenti antichi raccolti nella sua collezione. Di questa collezione non si sa niente, ma si può presumere che ne facessero parte medaglie, statuette, iscrizioni antiche, e qualche pezzo di statue forse direttamente dalla Grecia, tutte opere frammentarie che venivano prese singolarmente per il loro vigore decontestualizzandole e accostandole arbitrariamente, lo Squarcione fu il primo a far entrare a pieno titolo l'archeologia dentro l'arte moderna.

La maschera = Un affascinante territorio simbolico = Il volto come maschera la maschera come volto: rovesciamenti.

pier id v   pier idò   pier id saul2

 

pier idsaul   pier id 2pier id''

 

Visione di immagini/maschera tratte da varie fonti/spettacolo: verso Klee= dal burattino alla maschera ingigantita_ corpo+maschera; i teatrini in Ages (1990) e il loro reenactment (ricostruzione, rievocazione) in Segni e suoni (2004) = i teatrini maschere indossati dai musicisti e successivamente in verso Klee=timpanisti; Piccoli pezzi (1986) = maschera tamburo; Repertoire (1981) di Mauricio Kagel; autoritratto/maschera con photoshop.

schlemmer 1922

La linea= Schlemmer il corpo e le stecche prolungamento(1922)=punto& linea Tam (1985) Armoniche linee di luce (1980) stupor mundi e l’elastico linea deformabile (2004) deForma scrivere con linee di luce (2009)

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Riferimenti letterari segnalati per approfondimenti:

Passages frammenti su Parigi di W. Benjamin
Guerre che ho visto di Gertrude Stein
L’ultima trilogia di Beckett in nessun modo ancora
Wittgenstein opere frutto di annotazioni e pensieri sparsi.

Focus sullo spettacolo un Abbaglio come esempio di montaggio compositivo per la scena

Montare assemblare contrappuntare testi, gesti, azioni brevi, suoni, materie. Creare collegamenti tra i diversi elementi (e tra diverse discipline teatro, pittura, scrittura)
La composizione è il metodo per il reperimento di immagini (sonore luminose verbali visive) il montaggio è la fase finale in cui i diversi frammenti compositivi trovano una loro collocazione nel tempo.
Il montaggio compositivo è applicato senza interessarsi a uno sviluppo nel tempo cronologico ma uno sviluppo nel tempo associativo.
Nello spettacolo un Abbaglio Il testo (vedi la morte di Anton Webern di Gert Jonke tradotto da Grazioli) è smontato smembrato fatto a pezzi
Da questa operazione di riduzione in frammenti (macerie) estraggo quanto di interessante c’è per il mio ORA. Recupero del passato per una sua nuova ricomposizione che ha anche a che fare con un tempo nuovo. Il tutto è utilizzato per una nuova scrittura.
Per la ri-scrittura vengono utilizzati:
le parole originali di Webern sulla nuova musica
Le parole di Jonke
Le mie parole nate durante il laboratorio di creazione
un abbaglio partitura - 06      un abbaglio partitura - 01      un abbaglio partitura - 05

Quale sistema è stato messo in atto per collegare le diverse fonti?
e-leggendo, e cioè scegliendo le cose da ‘collegare’. Perché le cose così e-lette formino un insieme, esse non possono venire semplicemente ammassate; poiché scelte, esse contano, e come tali vanno contate. In qualche modo, raccontate. Da ciò l’idea del racconto, che secondo un ordine bene afferrabile dà ragione delle cose che in sé ha raccolto e contato. Raccontare come azione di un raccogliere attento, capace di costruire qualcosa con frammenti diversi sulla base di un qualcosa a tutti comune.

Nello spettacolo un Abbaglio che cosa hanno in comune i frammenti?: la figura di Anton Webern
Detto questo nell’elaborare una scrittura per la scena procedo nell’accumulo dei diversi frammenti scelti perché per me contano.
I frammenti sono composti oltre che di parole anche di suoni immagini gesti luce
In conclusione: ho messo in relazione: la biografia di Webern; alcune sue frasi storiche; il testo di Jonke smembrato (nella sua traduzione italiana di Grazioli); brani musicali da Webern e dal suo antagonista Strauss; suoni di Sambin; la cattura di dettagli dall’ambiente scena attraverso la telecamera agita in tempo reale; le luci agite direttamente dai performer per creare punti luminosi ma anche suono ritmico…con tutti questi frammenti ricostruisco una visione. Ma la ricostruzione può essere completata solo a opera dello spettatore che tenta anch’esso una ricostruzione: noi gli offriamo un’opera da decifrare, non potendola e volendola spiegare oltre il visibile.

Laboratorio: parte PRATICA

Dopo il primo incontro:

Questo non è un corso di teatro quindi quello che faremo o vedremo è in forma di studio. Il laboratorio è collegato al vostro corso di studi in particolare è legato al corso di storia del teatro di C. Grazioli quindi il piano teorico di riflessione e quello pratico di azione si giocano al 50%
Ciò che mi preme comunicare è che il teatro di cui tratto è fatto essenzialmente di:

AZIONI/COMPORTAMENTI immessi in una cornice extraquotidiana a cui segue
un lavoro di COMPOSIZIONE.

Prendiamo l’azione semplice di alzarsi e sedersi.
Si tratta di un’AZIONE che diventa COMPORTAMENTO e che possiamo strutturare in modo COMPOSITIVO.

A) ogni corpo compie un’azione (alzarsi e sedersi)
B) i corpi insieme compiono le rispettive azioni in uno spazio tempo definito diventando così una composizione
C) la composizione può restare su un piano aleatorio o definirsi in un montaggio preciso in cui il regista decide chi fa cosa e come
Esercitiamoci nella fase A) e B)
Successivamente per la fase C) mettiamo in atto forme di montaggio compositivo
Decidiamo che tutta la sequenza duri un tempo breve di  2 ‘
Un corpo si alza per primo
Resta in piedi per 2’ poi si siede
Gli altri corpi in quel lasso di tempo si alzano e si siedono
Quando tutti sono seduti il primo corpo si alza.

Esistono moltissime possibili variabili da mettere in gioco data questa sequenza semplice. Solo attraverso l’esecuzione potremo giungere a dare un nome o trovare un tema a ciò che stiamo agendo.
Azione simile ma senza sedie. Sostituzione di alzarsi/sedersi con avanzare e indietreggiare. Incontri. Traiettorie. Geometrie rettilinee. Sguardi frontali. Da eseguire all’aperto. Muro alle spalle. Prato sotto i piedi.

Dopo il secondo incontro:

Approfondimento dei tre ambiti di ricerca:
La maschera esempi di riferimento le varie immagini, in seguito costruzione e azioni con maschere all’interno della sala e all’esterno nel parco all’aperto.
La linea esempi di riferimento le immagini, in seguito azioni con gli elastici e le stecche di legno
Il tema può essere un testo (esempio di riferimento la morte di Anton Webern) o un’immagine (la pietà). Scegliamo di concentrarci sull’immagine della pietà sulla quale lavoreremo.

Ritorniamo sulla maschera per osservare:
Le tre immagini da Repertoire di Kagel

 

10 repertoire      9 repertoire 19818 maschera repertoire

dasolo_1 007Il violoncello maschera/corpo per Squarcione

 

 

 

 

Il balletto triadico in immagini e la collezione burattini di Klee: gruppo

immagine di gruppo elementi diversi appartenenti a un genere unico creano unità balletto triadico 1922 figure e maschere nello spazio       collezione burattini paul klee
Le maschere di Saul Steinberg

10 saul-steinberg-and-inge-morath-09-1

Riflessioni interessanti:
Le differenze che avete riconosciuto se la stessa azione viene compiuta in uno spazio chiuso o in uno spazio aperto
La difficoltà ma anche la necessità mentre si esegue una propria performace (un assolo) di essere in ascolto degli altri che agiscono insieme in uno spazio e tempo condiviso
L’uso di pochi vocaboli verbali reiterati che sono in grado di farti lavorare sulle sfumature sulle modulazioni quindi non tanto sul “cosa” delle singole parole quanto piuttosto sul “come”.
Infine la stanchezza che alcuni di voi hanno sentito a fine incontro e che tendo a collegare con la concentrazione necessaria a essere e non a fare e dove coinvolta è tutta la persona fisicamente e emotivamente.

Torniamo sulla composizione:
Non si tratta solo di porre insieme ma di farlo con un certo criterio.

frammenti ricomposti in unitàPensiamo ad esempio a una libreria in cui io posso comporre i volumi secondo un criterio cronologico o alfabetico ma anche per colore delle copertine o per dimensione del volume o anche come suggeriva Warburg per “buon vicinato”. Inoltre posso far convivere libri insieme a oggetti, materie diverse, pieni e vuoti…

Il nostro modo di pensare “naturalmente” procede per salti, per immagini e per connessioni piuttosto che per sviluppo lineare e sequenziale.
Ho cercato di farvi partecipi del fatto che il mio teatro procede in questo stesso modo e ho cercato di farlo attraverso la scelta di immagini estratte dal mio repertorio mettendole in connessione con altre esperienze artistiche. Credo che le immagini  siano in grado di dirci più di tante parole.
E con le immagini è più semplice mettere in evidenza somiglianze e differenze, variazioni e costanti, in una parola: relazioni.
Certo per scegliere le immagini ho dovuto individuare un nucleo tematico.
L’ho trovato nello spettacolo verso Klee che mi ha offerto la possibilità di andare avanti e indietro nel tempo e di vagabondare tra le immagini e le storie anche biografiche ad esse collegate. Mi ha permesso di seguire alcuni fili che provo a sintetizzare:
La maschera e la linea
La maschera come volto interiore e amplificazione di un’identità
La linea come prolungamento dei nostri arti attraverso il dispositivo elastico

Approfondimenti e figure di riferimento che accompagnano il laboratorio:
La parte teorica del laboratorio si è soffermata ime già detto, sull’analisi di determinate immagini iconografiche scelte all’interno di un repertorio appartenente:
al teatro del tam che mi ha richiamato le avanguardie del primo novecento e in particolare l’esperienza del Bauhaus (Klee insegna al B. con Schlemmer )(per le maschere e per la linea) che mi ha richiamato il lavoro artistico di Saul Steinberg (e le sue maschere con materiali poveri rese espressive perché innestate su corpi quotidiani) che mi ha richiamato Sam Jinks e le sue figure iperrealiste finzione più vera del vero che mi ha condotto all’immagine della Pietà.
In Steinberg notiamo la commistione tra maschera creata ad arte e innestata su un corpo quotidiano mentre in verso klee la maschera è innestata su un corpo ed è presente un abito/costume molto semplificato: il costume è semplice ma dipinto e non in modo naturalistico, mentre infine nel balletto triassico di Schlemmer tutta la figura è trattata ad arte. La maschera è l’artificio posto sul volto che trasforma l’umano in qualcosaltro seguendo un principio del montaggio. Un mezzo per manifestare il reale tramite connessioni stranianti (con effetto satirico) creazione di esseri metà umani metà artificiali che proprio grazie a queste commistioni possono consentirsi di fare in scena cose che a un umano non sarebbero permesse. Ti consentono di addentrarti in una materia non realistica ma piuttosto surreale metafisica in una parola altra.
Anche laddove la figura umana è presente in quanto tale se si mettono in atto certi artifici essa diventa altro. Alla fine tutto il corpo è maschera cioè qualcosa che nascondendo o alterando mette in luce con più forza.
Nasconde il reale e attraverso l’artificio lo rende meno banale, lo rifà ad arte, lo mette in condizione di parlarci e farsi notare in quanto inconsueto; e qui arriva l’ultimo richiamo ed è Sam Jinks che porta nelle nostre immagini iconografiche la Pietà trattata in modo iperrealista. La pietà scelta tra i lavori di Jinks come una sorta di pathosfomel richiamando così alla nostra memoria Warburg.

Il Bauhaus attraverso Oscar Schlemmer e la figura umana con stecche di legno come prolungamento del corpo schlemmer 1922 i fili elastici della marionetta presenti in verso Klee e la scena sempre in verso Klee orchestrata con bacchette di legno e fili verso klee tam la maschera cenciosa 2014hanno richiamato immagini della linea nelle esperienze precedenti di tam

lineelastiche 2004

punto&linea1985

con derive verso Steinberg che è disegnatore con predilezione per la linea

spazio frammentato in cui una sequenza si sviluppa capace di essere letta in un tempo unicopng

senza dimenticare che la linea per tam è anche luce.

armoniche 1980

Appare evidente come si possano rintracciare continuamente riverberi tra una immagine e l’altra, se la nostra ricerca è guidata da un assunto:

L’arte non inventa niente.
Trasforma la realtà per farcela vedere meglio.
L’arte è una linea composta di segmenti che hanno un prima e un dopo l’arte è dunque una linea infinita, necessità umana di dare alla vita la caratteristica dell’immortalità.

Dopo il terzo incontro:

A proposito di verso Klee mi interessa la considerazione fatta da alcuni studenti in merito al fatto che la visione dello spettacolo abbia fatto riemergere dalla memoria una precedente esperienza (film.)
Mi sembra importante che la visione crei movimento non resti semplice contemplazione ma agisca come spinta creativa connettiva (che mette in relazione). Intuizione questa che richiederebbe uno sviluppo successivo per individuare dove e come ci siano le relazioni…

Azioni
negli esempi/situazione nei quali ci siamo immersi abbiamo messo in gioco:
corpo oggetto spazio / movimento immobilità ascolto / relazione tra tutte queste cose.
Abbiamo agito attraverso l’improvvisazione verso una composizione di gruppo senza giungere a un montaggio definitivo che richiederebbe la scrittura di una partitura. Soffermiamoci sull’analisi dei tre termini.
Improvvisazione: È la creazione immediata nel tempo presente nel qui e ora.
Questo vale per tutte le discipline: teatro cinema pittura (un quadro una volta finito è finito).
L’improvvisazione è un metodo di creazione che funziona meglio quanta più esperienza hai della materia che tratti. Sembrerebbe essere il contrario cioè la sua immediatezza porterebbe a credere a una sua facilità di realizzazione, in realtà questo è un fraintendimento. Pensiamo al jazz in cui il termine improvvisazione ricorre molto spesso: per improvvisare al meglio occorre inventiva ma anche ascolto degli altri molto.
Improvvisazione è il potere del momento qui e ora, è composizione istantanea, è prendere una decisione immediata. Fare delle scelte prendere decisioni in tempo minimo diciamo immediatamente. Puoi farlo bene solo se hai pensato molto prima riflettuto studiato considerato…
Composizione è il progetto creativo che segue all’improvvisazione e che vive in un tempo più esteso del qui e ora.
Montaggio è scrivere una partitura che definisce uno sviluppo nel tempo delle varie composizioni e che si dà come forma conclusiva in qualche modo finale e definitiva.
Scrivere una partitura è la fase in cui tutti i dati raccolti durante la preparazione al lavoro (momenti teorici letture visioni e poi pratica di improvvisazione, scelta degli oggetti, intuizioni sulla luce, applicazione di dispositivi visivi, sonori, tecnologici, raccolta di testi o scrittura originale…) vengono messi in una sorta di griglia che mi piace definire come una libreria di un certo tipo in cui trovano posto libri ma anche oggetti ma anche….altri elementi.

Per quanto riguarda l’azione fatta la volta precedente sulle sedie con i corpi che lentamente cedono le loro forze e si abbandonano e che abbiamo chiamato lo sgretolamento possiamo sottolineare l’elemento pausa, silenzio, ascolto che hanno lo stesso peso dell’azione e entrano di diritto all’interno di una composizione (Cage altro nome da aggiungere alla lista)

A proposito dell’azione con la linea elastica:
La linea mi prolunga mi avvolge mi colpisce mi lega ad altro da me (sia un elemento naturale precario come un elemento naturale radicato o un altro corpo)
Interessante l’azione del legare un’estremità a un oggetto nella stanza, idea che viene poi portata all’esterno e si misura con forme d’altro tipo (l’albero, il tronco a terra) scelte che devo compiere all’interno dello spazio definito per accogliere le improvvisazioni (composizione immediata) che considerate nello spazio tempo dato tutte insieme creano una composizione, importante definire una cornice che raccoglie ciò che devo vedere scelta da fare all’inizio dell’esplorazione.
La scelta del limite è la sola che mi consenta di trasgredire.

11         13          5tris

Sottolineiamo sia il suono nella prima e nella seconda delle azioni praticate e la percentuale di rischio che contiene qualsiasi azione. (l’elastico che sfugge di mano e colpisce). Rischio che va calcolato ma che non ti deve bloccare.

Nomi incontrati finora:
Bauhaus, Schlemmer e Klee
Kagel teatro musicale
Kantor teatro di un pittore
Wilson teatro di un artista visivo
Bausch teatro danza
La maschera come elemento del grottesco: composizione assemblaggio che dà esiti ibridi corpo naturale e elemento artificiale verso la creazione di una figura antinaturalistica ai confini tra realtà e sogno comico ironico paradossale più umano dell’umano=Grazioli Eruli Jarry

Dopo il quarto incontro:

Le diverse immagini della Pietà che propongo funzionano come attivatori.
Occorre studiare l’immagine e fare sì che in qualche modo mi parli.
Anche il rifiutarla è un modo di parlarmi. Sappiamo che a qualcuno di voi è successo di rifiutarla e di sentirsi inadeguato o intimidito a confrontarcisi.
In ogni caso mi ci devo confrontare, devo entrare in una qualche relazione con l’immagine.
Successivamente abbiamo impostato un tema:

Una figura seduta in posizione di attesa ha lo sguardo chiuso.
Alle sue spalle un coro guarda avanti.
Con una scansione musicale uno a uno le parti del coro completano la Pietà.
Restano solo tre figure del coro alle spalle della figura seduta, le altre si pongono in posizione di osservatori esterni.
Attesa.
Una figura del coro si avvicina alla figura seduta, compie un gesto semplice di consolazione.
La figura seduta si abbandona, perde la fissità iniziale, cede.

Considerazioni: la Pietà, motivo iniziale dell’improvvisazione, non compare nelle azioni che ricostruiscono l’immagine iconica di partenza, quanto piuttosto alla fine: è il gesto di pietà espresso da un elemento del coro verso chi ha accolto il peso di tutti senza cedimenti, senza rifiutarlo, sopportandolo che ci colpisce.
La pietà appare dunque in modo imprevisto e non là dove avevamo immaginato di vederla.
A proposito di gesto mettiamo l’accento sul gesto delle mani aperte (appare in Michelangelo) una mano raccoglie sorregge trattiene ciò a cui tiene, l’altra offre, è resa incondizionata a un volere più grande: su questo doppio gesto è sintetizzato “per me” e “per gli altri” il personale e il collettivo, l’interno e l’esterno, l’io e il noi.

Sintesi:
1 Dall’analisi del tema offerto da una serie di immagini della Pietà
2 All’improvvisazione, per cercare anche nuove strade nel campo minimo, sicuramente per consolidare l’aspetto fisico dei corpi, per definire posizione del corpo totale e degli arti in particolare, per prendere dimestichezza con la posizione
3 al racconto, restituito agli attori da chi guarda esternamente.

Se inizialmente ognuno ha lavorato su un proprio immaginario, dopo la fase 3 l’immaginario diviene di gruppo.
Il tema La pietà da sola immagine iconica formale, ci ha guidati verso un contenuto: il sentimento di compassione nel il capovolgimento tra le due figure.
Risulta anche interessante che la maggior parte del coro si sia posta di fronte all’azione e solo tre siano rimasti alle spalle della figura. Tra l’altro in una posizione compositiva molto equilibrata e interessante.
Questo è stato fatto senza preventivo accordo, in improvvisazione, e per me rappresenta un ulteriore modo per segnalarvi che improvvisare non è “fare quello che mi viene in mente” bensì anche nell’improvvisazione si compiono scelte importanti: la caratteristica è che si è costretti a farle nell’immediato, senza accordo preventivo, senza costruzione razionale e condivisa da un dialogo.
Per questo un lavoro che si avvalga di momenti di improvvisazione e se la persona ha qualcosa da esprimere qualcosa da dire da comunicare se “è”,  porta fuori qualcosa di profondo difficilmente esprimibile a parole.

Considerazioni

L’input iniziale può venire da un’immagine (è ciò che ho usato in questo laboratorio) o da una frase da un testo da una biografia da un dispositivo (il dispositivo elastico).
Dall’input iniziale si diramano una serie di approfondimenti in varie direzioni
Attraverso una serie di stratificazioni il tema iniziale prende forma e ci conduce alla creazione compositiva. Dalla collezione di composizioni al montaggio la fase finale è la scrittura scenica.

Dopo il quinto incontro:

Torniamo sulla figura di cui spesso abbiamo parlato, l’attore con la maschera. Esso risulta essere una creatura che si muove nella terra di mezzo, tra il reale e il fantastico, tra vita e arte, che porta con se un tratto ironico poetico sospeso, in grado di provocare nello spettatore un senso di straniamento (qualcosa di fuori posto qualcosa di inconsueto che ti fa pensare e ti stupisce insieme, molta arte contemporanea e d’avanguardia ha lavorato sullo straniamento pensiamo a Duchamp e pensiamo al teatro epico di Brecht)
L’attore con la maschera è una sorta di corpo ibrido che consente di portare segni e significati che si discostano dal quotidiano e dal verismo da un lato ma che consentono anche di dire verità in modo più interessante che se dette da un umano.
Riferimento di partenza è il grottesco come termine nasce in pittura e si riferisce alle decorazioni rinascimentali in cui si intrecciano elementi vegetali, uccelli, insetti, figure umane, figure mitologiche…che poi si estende alla letteratura fino a diventare una categoria estetica.
Quali sono le sue caratteristiche? Coniugare esseri o ambiti diversi: dai vegetali nascono corpi, oggetti inanimati si mischiano e si confondono a elementi animati, nei volti sono presenti tratti umani e di animale. I già nominati ibridi.
L’intenzione? reinventare la realtà e trasfigurarla, aprendo le porte su un mondo misterioso, onirico, fantastico, ludico. Ma non solo, l’intenzione è anche quella di agire una libertà inventiva e di non sottostare alle convenzioni in uso e voler inventare nuove visioni per un mondo nuovo.

Proviamo tutti una gran difficoltà di fronte a qualcosa di artistico a non assimilarlo a ciò che conosciamo già e  soprattuttoa non nominarlo con parole note: si crea qualcosa di non naturalistico e lo si definisce con termini del naturalismo…
Enrico che vedendo l’azione di Beatrice dice: sembra un arco….
Giacomo che dice di tentare di creare una forma che somigli a un arco mentre in realtà sta cimentandosi con una serie di forze contrapposte in lotta tra loro e cerca un equilibrio che si rivela sempre precario…
Attenzione: la cosa interessante sta proprio nel legame con la realtà, la realtà ci è necessaria come dato di partenza (osservo analizzo rifletto) poi però il gesto artistico interviene e crea in noi un effetto in grado di far riflettere anche grazie al paradosso che innesca, l’inquietante, l’ironico…tutto ciò che è in grado di provocare qualcosa.
Abbiamo toccato con mano la difficoltà a nominare forme svincolate dal reale, che pur partendo da dati reali creando altro devono trovare anche nuovi modi per definirsi….è tutta la difficoltà dell’astratto, del surreale, dell’assemblaggio…

Una considerazione finale sulla maschera: la maschera è sì qualcosa che pongo sul volto ma non solo. Ad esempio il violoncello di pelliccia agganciato al corpo funge anch’esso da maschera. Il concetto di maschera in quanto mimesi, si amplia e sua prerogativa è  richiamare nella mente di chi osserva qualcosa di noto pur distaccandosi dall’abituale perché “leggermente spostato “ e perciò in grado di produrre un effetto di straniamento.

sesto incontro:

L’ultimo incontro è interamente dedicato alla costruzione delle maschere e all’azione con le stesse.
Dopo aver osservato le maschere di Saul Steinberg, i teatrini di tam, la collezione di Klee, gli oggetti di Kagel in Repertoire:
Costruiamo le maschere
Le ambientiamo all’interno della sala e all’esterno nello spazio aperto
Creiamo varie composizioni di gruppo.

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Atlante della memoria è il diario di lavoro del laboratorio sulla composizione scenica che ho realizzato con gli studenti del dipartimento Beni Culturali dell’Università di Padova nel marzo 2015.

firma_pierangela_allegro